Gli usi civici sono un insieme di diritti e di benefici che una collettività, insediata su un determinato territorio, può vantare nello sfruttamento della terra, dei boschi e delle acque circostanti. Si tratta di una serie di diritti di origine feudale, molto complessi e di difficile comprensione, nati originariamente per garantire la sopravvivenza e il benessere delle popolazioni residenti nei territori di proprietà dei feudatari medioevali. Questi diritti si concretizzavano e, tutt’ora si concretizzano, attraverso lo sfruttamento di terreni privati o comunitari. La titolarità degli usi civici spetta alla popolazione che, però, la esercita tramite gli enti gestori previsti dalla normativa vigente, tra cui i Comuni e le cooperative agrarie. Sono regolamentati dalla Legge dello Stato 1766 del 16/6/1927 e 26/02/1928 e dalle norme successive.
La prima legge distingue i due tipi di diritti di cui può usufruire una popolazione, ovvero, i diritti di uso e godimento su terre di proprietà privata e il domino collettivo su terreni propri. Nel primo caso gli usi civici sono imprescrittibili e consistono nel diritto di pascolare, di raccogliere legna di seminare, di cacciare, di raccogliere erbe o di pescare. Sono soggette ad uso civico tutte le terre assegnate ai comuni come affrancamento degli usi civici su terre private, nonché i terreni di Comuni, frazioni, università e associazioni agrarie su cui sono esercitati usi civici. Queste terre, in seguito ad un riordino e all’eliminazione delle promiscuità, possono essere destinate a diventare terre utilizzabili o come boschi, pascoli permanenti o terre utilizzabili per uso agrario. L’uso civico può essere di tipo legnatico se consiste nel diritto di raccogliere la legna; pascolatico, fungatico ed erbatico, a seconda se il diritto esercitato dalla popolazione consiste nel poter usufruire dei pascoli per le mandrie, della raccolta dei funghi e delle erbe selvatiche.
Negli ultimi anni si è avuto il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di usi civici dallo Stato alle Regioni. In questo modo ai commissari regionali sono rimasti solo poteri giurisdizionali relativi allo scioglimento di eventuali controversie legate all’esistenza, alla naturale alla titolarità degli usi civici, ma nessun potere amministrativo.
I proprietari di terreni su cui gravano usi civici accertati, possono riscattare questo gravame risarcendo la comunità in due modi: attraverso la procedura di liquidazione con il pagamento di una somma di denaro o tramite scorporo, ovvero, cedendo una parte della sua proprietà al demanio. Quella parte diventa poi proprietà collettiva dove la comunità può continuare ad esercitare il diritto di uso civico. In caso di promiscuità, ovvero, quando più popolazioni vantano diritti di sfruttamento dei beni di un determinato terreno la legge 1766 distingue tra promiscuità che devono essere sciolte senza compenso e quello che, invece, prevedono un risarcimento in denaro o natura. Si sciolgono senza compenso le promiscuità con servitù reciproche e le comunioni su terre private. Quelle per condominio e per servitù su terre degli utenti, infine, vanno sciolte con compenso.
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